30 marzo 2009

Tribunale di Milano, Sentenza 5 marzo 2009, n. 3047

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE V CIVILE

In persona del Giudice Istruttore, in funzione di Giudice Unico, dott. Damiano Spera,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al R.G. n. 84267 / 2005 , promossa da Z. L. con gli avv.ti Giovanni e Lorenzo Ingino

- attore -

contro

DR. G. M. con l’avv. Domenico Mugnano

- convenuto -

e

NUOVA X. S.R.L. con l’avv. Domenico Chindamo

- convenuta -

All’udienza di precisazione delle conclusioni in data 03.12.2008, le parti concludevano come da verbale di causa.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato, il signor L. Z. conveniva in giudizio il dott. M. G. e la Nuova X. s.r.l. per sentirli condannare, in solido, al risarcimento di tutti i danni (ivi compreso danno biologico, esistenziale, morale e patrimoniale), a fronte delle cure odontoiatriche prestate dal dott. G. in data 17.05.2003 presso la struttura sanitaria Nuova X. s.r.l.

Instauratosi il contraddittorio, si costituivano con separate comparse i convenuti, i quali concludevano per il rigetto delle domande.

Il G.I. ammetteva parzialmente le prove dedotte dalle parti.

Il G.I. disponeva consulenza tecnica d’ufficio sulle lesioni patite dall’attore.

Quindi nell’udienza del 03.12.2008, le parti precisavano le conclusioni come da verbale.

Il G.I. rinviava la causa al 05.03.2009 per la discussione orale, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.; nella stessa udienza dava lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

- MOTIVI DELLA DECISIONE -

Ritiene questo giudice che debba dichiararsi responsabilità di entrambi i convenuti M. G. e Nuova X. s.r.l. nella produzione del danno subito dall’attore.

In data 17.05.2003 il signor Z. si recava presso lo studio medico Nuova X. s.r.l. lamentando fastidi diffusi a carico dell’emiarcata inferiore sinistra; veniva visitato dal dott. G. che individuava la causa dei dolori nell’elemento dentario n. 37, proponendone l’avulsione.

Allega l’attore che la diagnosi veniva delineata senza alcuna indagine radiografica.

Durante l’esecuzione dell’ avulsione interveniva la frattura del suddetto elemento dentario da estrarre.

Al termine dell’effetto dell’anestesia, il signor Z. riscontrava sofferenze a carico della zona trattata, acuitesi con la rimozione dei punti di sutura.

Recatosi presso l’Istituto Stomatologico Italiano, perdurando i dolori, all’attore venivano riscontrati postumi o esiti avulsivi in corrispondenza dell’elemento n. 37, con la presenza di frammenti ossei in corrispondenza del bordo alveolare, che venivano rimossi.

Successive visite odontoiatriche rilevavano un danno alle branche trigeminali.

Data la persistenza dei dolori acuti nel luglio 2007, nelle more del giudizio, l’attore effettuava intervento di decompressione nervosa del nervo alveolare mandibolare sinistro.

Dagli atti e documenti di causa, dall’espletata istruttoria ed, in particolare, dalla relazione del C.T.U., risulta provato:

che vi sia stata imperizia, imprudenza e negligenza nel comportamento sanitario del dott. M. G.;

che l’intervento di avulsione del 17.05.2003 era di facile esecuzione;

che necessitava una preliminare indagine radiografica che avrebbe evidenziato una anomalia anatomica a carico delle radici, orientando diversamente l’approccio dell’intervento di avulsione;

che la colpa professionale è ascrivibile esclusivamente all’operato del convenuto dott. G., atteso che gli interventi successivamente eseguiti hanno solamente attenuato il danno subito in conseguenza della colpevole condotta del dott. G.;

che si configura un danno biologico del 4% per perdita dell’elemento dentale e per le sequele consistenti in parestesia all’emifaccia sinistra dell’attore;

che è stata riconosciuta una invalidità temporanea:

- al 100% per 2 giorni (giorni del ricovero per l’intervento di decompressione del 2007);

- al 75% per 6 mesi;

- al 50% per 2 mesi;

- al 25% per 3 mesi;

- al 10% per un mese;

che l’attore, all’udienza del 05.03.2009, rinunciava alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale da invalidità lavorativa specifica;

che le spese mediche sostenute dall’attore e documentate sono pari a € 8.293,61. Il Tribunale riconosce, infatti, come dovuto integralmente anche l’esborso effettuato nel luglio 2007 per la decompressione nervosa del nervo alveolare mandibolare sinistro. Invero, trattasi di spese sanitarie in rapporto causale con la condotta produttiva dell’illecito ed appare incontestabile che il danneggiato abbia diritto, al fine di recuperare la propria integrità fisica, di usufruire di medici e strutture di sua fiducia, tanto più dopo aver subito tutte le conseguenze pregiudizievoli a seguito dell’intervento di cui è causa (v. Cass. n. 16073/02);

che le spese future dell’attore sono state stimate dal C.T.U. in € 2.500,00;

Questo giudice condivide le argomentazioni e le conclusioni cui è pervenuto il C.T.U., con metodo corretto ed immune da vizi logici o di altra natura.

Pertanto, devesi dichiarare la responsabilità del dott. M. G. e della Nuova X. s.r.l. nella produzione del danno subito dall’attore.

Infatti, le Sezioni Unite, con sentenza 11 gennaio 2008, n. 577, hanno ribadito che “per quanto concerne la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente è irrilevante che si tratti di una casa di cura privata o di un ospedale pubblico in quanto sostanzialmente equivalenti sono a livello normativo gli obblighi dei due tipi di strutture verso il fruitore dei servizi, ed anche nella giurisprudenza si riscontra una equiparazione completa della struttura privata a quella pubblica quanto al regime della responsabilità civile anche in considerazione del fatto che si tratta di violazioni che incidono sul bene della salute, tutelato quale diritto fondamentale dalla Costituzione, senza possibilità di limitazioni di responsabilità o differenze risarcitorie a seconda della diversa natura, pubblica o privata, della struttura sanitaria. Questa Corte ha costantemente inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nella responsabilità contrattuale, sul rilievo che l'accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto”.

Nello specifico, il rapporto che si instaura tra il paziente e la casa di cura (o l’ente ospedaliero) “ha fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo… insorgono a carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di tipo "lato sensu" alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze” (Cass. Civ.,14 luglio 2004, n. 13066).

Ne deriva, allora, che la responsabilità della casa di cura nei confronti del paziente ha natura contrattuale ai sensi dell'art. 1218 c.c. e può conseguire sia all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico che, ex art. 1228 c.c., all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario “quale suo ausiliario necessario, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale” (Cass. Civ., n. 13066/2004).

Nella specie, essendo incontroverso che il dott. G. sia dipendente della Nuova Odontomi s.r.l., alla luce degli esposti principi di diritto consegue la responsabilità di entrambi i convenuti.

Circa il quantum, ritiene questo giudice, alla luce delle risultanze peritali, che l’attore abbia subito il danno patrimoniale pari ad € 2.500,00 e ad € 8.293,61. Sulla domanda di rivalutazione monetaria giova evidenziare che deve essere rivalutata ad oggi solamente quest’ultima somma, atteso che la residua somma di € 2.500,00 ha per oggetto una spesa futura. Pertanto, rivalutata ad oggi la somma € 8.293,61, la stessa è pari a (arrotondati) € 9.290,00.

Ritiene altresì il Tribunale che l’attore abbia certamente subito il danno biologico e cioè quello derivante da illecito lesivo dell’integrità psico-fisica della persona, che, quale evento interno al fatto lesivo della salute, deve necessariamente esistere in presenza delle accertate lesioni, e che prescinde dal danno correlato alla capacità di produzione del reddito. Ai fini del risarcimento, il danno biologico deve essere considerato “in relazione all’integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella vita propria vita; non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e a ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana” (così la Corte Costituzionale n. 356/1991; v. altresì Corte Costituzionale n. 184/1986).

Inoltre, recentemente la Cassazione a Sez. unite (sentenza n. 26972/2008) ha tra l’altro ritenuto che, nell’ambito del danno non patrimoniale, il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. E’ compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione. Il giudice anziché procedere alla separata liquidazione del danno morale in termini di una percentuale del danno biologico (procedimento che determina una duplicazione di danno), deve procedere ad un’adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.

Ebbene, tenuto conto delle accertate invalidità, dell'età al momento dell’accadimento (anni 55), del sesso e delle condizioni di vita dell’attore, delle risultanze probatorie, dell’espletata CTU, del disagio degli ulteriori interventi, dei criteri tabellari finora normalmente adottati da questo Tribunale per la liquidazione del danno biologico permanente, temporaneo e morale, delle particolari sofferenze fisiche e psichiche che si accompagnano agli interventi odontoiatrici in esame che coinvolgono il nervo alveolare mandibolare e il trigemino, stimasi equo liquidare, per il complessivo risarcimento del danno non patrimoniale da lesione al diritto alla salute, le somme già rivalutate di Euro 5.000,00, conseguente all’invalidità permanente, e di Euro 20.000,00, conseguente alla lunghissima e particolarmente dolorosa e debilitante inabilità temporanea.

Circa gli importi così liquidati, il Tribunale rileva che l’attore ha comunque chiesto il risarcimento di tutti i danni non patrimoniali subiti, anche “nella diversa misura ritenuta di giustizia, oltre al danno esistenziale da liquidarsi equitativamente, nonché a interessi e a rivalutazione monetaria”. Spetta, dunque, al Tribunale attribuire l’esatto nomen juris alle voci di danno indicate dall’attore ed è possibile, quindi, attribuire a ciascuna di dette voci importi diversi da quelli richiesti.

Circa la richiesta di risarcimento del danno esistenziale giova inoltre richiamare quanto ritenuto dalla citata sentenza n. 26972/2008: “Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata “danno esistenziale”, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità”. In definitiva “di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere”. In ogni caso, laddove il giudice abbia liquidato il danno biologico e le sofferenze conseguenti non residua spazio per il risarcimento di ulteriori pregiudizi esistenziali, perché tutti già ricompresi in quelli già liquidati, risultando altrimenti certa la duplicazione risarcitoria del medesimo danno.

Pertanto, i danni subiti dall’attore vanno liquidati in complessivi Euro 36.790,00 (somma rivalutata ad oggi).

Sul predetto importo liquidato devono essere riconosciuti gli interessi compensativi del danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario del bene perduto.

Gli interessi compensativi - secondo l'ormai consolidato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 1712/1995) - decorrono dalla produzione dell'evento di danno sino al tempo della liquidazione; per questo periodo, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso annuo medio ponderato sul danno rivalutato.

Tale tasso di interesse è ottenuto "ponderando" l'interesse legale sulla somma sopra liquidata, che - "devalutata" alla data del fatto illecito, in base agli indici I.S.T.A.T. costo vita - si incrementa mese per mese, mediante gli stessi indici di rivalutazione, sino alla data della presente sentenza.

Da oggi, giorno della liquidazione, all'effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma rivalutata.

Pertanto, alla luce degli esposti criteri, i convenuti dott. M. G. e Nuova X. s.r.l., in solido, devono essere condannati al pagamento, in favore dell’attore, della complessiva somma di Euro 36.790,00, liquidata in moneta attuale, oltre:

* interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato del 3%, sulla somma di Euro 36.790,00 dal 17.05.2003 (data dell’intervento di avulsione) ad oggi;
* interessi, al tasso legale, sulla somma di Euro 36.790,00, dalla data della presente sentenza al saldo effettivo.

Le spese della Consulenza Tecnica d’Ufficio vanno poste a carico dei convenuti in solido.

Consegue alla soccombenza la condanna del convenuto dott. M. G. e della Nuova X. s.r.l., in solido, a rifondere all’attore le spese processuali ivi comprese quelle di CTP.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede:

* dichiara la responsabilità dei convenuti dott. M. G. e Nuova X. s.r.l. nella produzione del danno subito dall’attore;
* condanna i convenuti dott. M. G. e Nuova X. s.r.l., in solido, al pagamento, in favore di L. Z., della somma di Euro 36.790,00, oltre interessi come specificati in motivazione;
* pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio a carico dei convenuti, in solido;
* condanna i convenuti, in solido, a rifondere all’attore le spese processuali, che liquida in € 1.131,71 per esborsi, anticipazioni e spese di C.T.P., € 1.913,00 per diritti, € 3.180,00 per onorario di avvocato, € 636,63 per spese generali, oltre C.P.A. ed I.V.A.;
* dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva;
* la presente sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte di questo giudice ed è immediatamente depositata in cancelleria.

Milano, 05.03.2009.

Il Giudice Istruttore in funzione di Giudice Unico

dr. Damiano SPERA

12 marzo 2009

Madoff in aula: «Sì, sono colpevole» (www.corriere.it)

NEW YORK - Bernard Madoff, l'ex presidente di Nasdaq accusato di aver orchestrato una truffa finanziaria da 50 miliardi di dollari, passerà in carcere i prossimi tre mesi in attesa di conoscere il 16 giugno la sua condanna. Lo ha deciso il giudice Denny Chin al termine dell'udienza al tribunale federale di Manhattan, dove il finanziere si è dichiarato colpevole di tutti gli undici capi di imputazione al processo sulla più grande frode di Wall Street. Il giudice Chin, che ha accettato la dichiarazione di colpevolezza di Madoff, ha accolto anche la richiesta dell'accusa della custodia cautelare in carcere in attesa della sentenza e quindi di non prorogare gli arresti domiciliari nel lussuoso attico di Madoff in Park Avenue a New York. L'uomo d'affari 70enne rischia una condanna a 150 anni di prigione e un risarcimento di 170 miliardi di dollari.

«SONO COLPEVOLE» - Passando attraverso due ali di fotografi, curiosi e vittime inferocite dei suoi traffici Madoff è entrato nel Palazzo di giustizia dove il giudice gli ha chiesto di raccontare i meccanismi dell'operazione che ha mandato in fumo i risparmi di migliaia di pensionati, piccoli risparmiatori, celebrità di Hollywood e premi Nobel. Alla domanda «come si dichiara?», il finanziere ha risposto «colpevole». Ha aggiunto di sentirsi «profondamente desolato».

SCHEMA PONZI - Ha ammesso di aver messo in piedi uno "schema Ponzi" e ha detto di «non poter adeguatamente esprimere a parole» il suo dispiacere per le migliaia di investitori i cui risparmi sono finiti in fumo. Madoff ha detto di aver cominciato a costruire il suo castello di carte finanziario negli anni Novanta in reazione alla recessione di quel periodo: «Speravo di poterne uscire presto, ma è stato impossibile».

TRUFFA DEL SECOLO - Abito grigio, giubbotto antiproiettile, è arrivato sotto scorta dal suo attico dove si trovava ai domiciliari con molto anticipo rispetto all'inizio dell'udienza. In aula erano presenti anche diverse vittime della «truffa del secolo»: investitori professionisti, associazioni di beneficenza, attori e perfino sopravvissuti all’Olocausto. «I miei clienti si sentono profondamente offesi nel sapere che cercherà di farla franca con un mea culpa», ha detto l'avvocato Jerry Reisman, che rappresenta una dozzina di investitori ingannati.


12 marzo 2009

L'urologo Austoni condannato a sei anni e sei mesi per concussione (www.corriere.it)

MILANO - Il professor Edoardo Austoni, ex primario di urologia e andrologia dell'ospedale San Giuseppe di Milano, è stato condannato a 6 anni e sei mesi dai giudici della quarta sezione del Tribunale di Milano. «È una pagina della giustizia molto triste», è stato il commento del medico. L'accusa è di concussione, tentata concussione e abuso d'ufficio: l'ex primario chiedeva denaro ai pazienti - una sessantina i casi denunciati - in cambio di liste d'attesa più rapide per interventi in regime di Servizio sanitario nazionale. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 12 anni. A due anni è stata condannata la sua segretaria, Maria Luisa Simonini (l'accusa ne aveva chiesti quattro). Edoardo Austoni è stato inoltre condannato a 5 anni di interdizione dalla professione medica, ma l'interdizione è stata condonata e non è esecutiva. «Continuerò a lavorare - annuncia il luminare - e ad insegnare all'università».

L'AGGUATO - L'ex primario fu anche vittima di un attentato, la sera del 29 novembre del 2006. Dieci colpi di pistola furono esplosi contro di lui mentre, bordo della sua Porsche Carrera nera, stava uscendo in retromarcia dal portone della clinica Dezza dove visitava tutti i pomeriggi. Tre colpi andarono a segno, alle gambe (un femore fratturato) e alle braccia. Il responsabile dell'aggressione non è ancora stato identificato. Proprio dalle indagini legate a questo agguato è emersa la storia dei soldi per essere operati subito, che ha dato origine al processo per concussione. Austoni oggi ha ricordato l'episodio: «I pm Pradella e Siciliano sanno bene quali sono le mie idee a proposito dell'identità di colui che fece quella aggressione, sono loro che dovrebbero trovare delle risposte a quel fatto. La mia vita è sempre stata molto limpida. L'unica cosa di cui sono certo è che non sia stato un mio paziente».

LE ACCUSE - Il pm Siciliano, nell'argomentare la sua richiesta di condanna, aveva fatto notare che i pazienti «non avevano alcuna possibilità di sottrarsi alle richieste indebite. La loro volontà era compressa. Non potevano autodeterminarsi perché l'oggetto del rapporto medico-paziente è la vita o la salute. E la salute è un bene non negoziabile». Dalle indagini, per l'accusa è emerso un «quadro penoso». Mentre Austoni era una «figura imponente», i pazienti «sono soggetti inermi, incapaci di difesa rispetto all'autorità alla quale debbono obbedire».

LA DIFESA DEL MEDICO - Completamente opposto il quadro dipinto da Austoni, che commenta amareggiato la sentenza. «Io andavo incontro ai pazienti e li favorivo nel loro interesse, la mia coscienza mi portava a guardare al loro interesse», si è difeso l'ex urologo e andrologo. «La corte non ha tenuto conto delle osservazioni fatte dai miei avvocati, sulla base anche della giurisprudenza, che non può esserci concussione in una struttura privata». La concussione, ha proseguito Austoni, «c'è quando tu medico in una struttura pubblica forzi il paziente per portarlo nel privato, mentre nel mio caso dal privato andavamo nel pubblico per interesse del paziente». Alla domanda se si comporterebbe allo stesso modo, tornando indietro nel tempo, Austoni risponde: «Ho sempre agito secondo coscienza e nell'interesse di seguire ed aiutare i pazienti. I testimoni in questo processo hanno parlato della mia professionaltà e sensibilità. Questo è solo il primo grado di un giudizio, sono innocente fino ad una sentenza definitiva».


12 marzo 2009

11 marzo 2009

"Marchingegno perfetto": salvi gli artefici del tesoretto (ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com)

«UN MARCHINGEGNO ‘perfetto’ rispetto al quale ci si confessa impotenti. Si richiede pertanto l’archiviazione». Parole forti, quelle del procuratore capo Italo Materia: ha indagato sul «tesoretto lussemburghese», ha chiesto una proroga, alla fine deve arrendersi, tutto legalmente ineccepibile, non ci fu insider trading. L’operazione dei vertici di Coopservice era fatta bene. Benissimo.
Marchingegno ‘perfetto’, è la sottile ironia del procuratore. Si chiude così - salvo parere contrario del giudice delle indagini preliminari che potrebbe opporsi - l’inchiesta sulla strada, controversa a questo punto solo sotto il profilo morale, intrapresa da quel management per portare alla quotazione in Borsa Servizi Italia, la società controllata al cento per cento dal colosso cooperativo del ramo pulizie e sicurezza tramite la finanziaria Aurum, puntando poi a incassare le conseguenti plusvalenze, il cosiddetto «tesoretto» da 36 milioni di euro.

«IL SIGNIFICATO complessivo di tale operazione - scrive oggi il pm Materia - traspare dalla constatazione dell’enorme scarto tra il prezzo unitario delle azioni di Servizi Italia spa pagato da Fsh il 4 settembre 2006 e quello di sette volte maggiore incassato, dalla medesima Fsh, il giorno della collocazione in Borsa: non si voleva cioè che le plusvalenze che ne sarebbero derivate, per effetto di un sensibile miglioramento del trend aziendale di Servizi Italia che era certamente conosciuto dai vertici amministrativi della proprietaria Aurum spa e della controllante Coopservice, venissero distribuite tra tutti i soci». E conclude: «Fu per questo che è stato costruito un progetto finanziario che avrebbe consentito, al riparo della sanzione penale, di distribuire la ricca plusvalenza a un numero ridotto di persone che ne mascherarono l’acquisto, al fine evidente di non rendere palese l’abuso delle informazioni privilegiate di cui disponevano, attraverso una fiduciaria (Felsinea) depositaria delle azioni da loro acquistate». Ecco, il «marchingegno ‘perfetto’».

IL CASO esplose, prima politico poi giudiziario, nella primavera del 2007. Il procuratore ipotizzò il reato di «abuso di informazioni privilegiate», o più comunemente «insider trading», reato punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 20 mila a tre milioni di euro. Avvisi di garanzia erano stati inviati all’ex presidente di Coopservice, Pierluigi Rinaldini, e all’ex presidente di Aurum, Niger Ficarelli. L’indagine era stata affidata dal procuratore Materia alla Guardia di Finanza, che aveva individuato, tra i trecento beneficiari della plusvalenza, 46 persone, amministratori e consiglieri di Coopservice e, in tre casi, di società controllate. L’accusa ipotizzava che gli indagati, essendo in possesso di informazioni privilegiate grazie alla loro qualità di soggetti preposti alla direzione e al controllo e partecipazione al capitale della società emittente delle azioni Servizi Italia spa, avessero acquistato per conto proprio strumenti finanziari, consistenti in azioni di pertinenza di Servizi Italia in un periodo antecedente il collocamento in Borsa, utilizzando quelle informazioni.

LA RICHIESTA di archiviazione ricostruisce la vicenda, dall’acquisto da parte di Coopservice dell’intero pacchetto azionario di Servizi Italia fino all’aumento di capitale deliberato da Fsh (600 mila euro) per far fronte all’acquisto dell’opzione, riservandone la sottoscrizione ai soci della Coopservice («e non anche di altri», precisa il pm). «Quel che si leggeva in filigrana - scrive Materia e questo è il primo punto che il difensore di Rinaldini, l’avvocato Roberto Sutich, contesta con forza - nel prospetto informativo recappitato a ognuno dei soci Coopservice, era un messaggio subliminale che, anzichè incoraggiare la sottoscrizione dell’aumento di capitale, era stato scritto ad arte, da mano sapiente, per dissuadere da una tale operazione... E infatti - sottolinea Materia - l’aumento del capitale sociale della Fsh non veniva letto e inteso, da parte della larga maggioranza dei soci Coopservice, come una ricca opportunità di guadagno (come sarà) venendo invece sottoscritto da una ristretta cerchai di soci (e da qualche estraneo) alcuni dei quali sottoscriveranno l’aumento di capitale per un numero di azioni superiore al lotto individuale offerto (500 azioni Fsh).

L’AUMENTO di capitale permise a Fsh di avere la liquidità per esercitare il diritto di opzione, cosa che avvenne il 4 settembre 2006 con rogito davanti a un notaio di Lugano. «Ad appena tre giorni di distanza - scrive il pm Materia nella richiesta di archiviazione - in data 7 settembre 2006, la Servizi Italia presentava domanda di ammissione alla quotazione di borsa delle proprie azioni che verrranno quindi, previa autorizzazione del 14 marzo 2007, quotate ed immesse nel mercato al prezzo unitario di euro 8,50 (erano state pagate al costo unitario di euro 1.149)». Ci fu reato? L’insider trading non sussiste, si risponde il procuratore, «nonostante le ripetute riflessioni fatte sul punto in funzione della procedibilità». «Presupposto insuperabile per la incriminazione è, infatti, che l’utilizzo delle informazioni privilegiate sia avvenuto dopo che sia stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato».

di MIKE SCULLIN

Antonveneta/ Giudici: il processo resta a Milano - punto

"Nonostante opinioni anche autorevoli di segno contrario" postato 55 min fa da APCOM

Milano, 11 mar. (Apcom) - Resta a Milano il processo per il tentativo di scalata ad Antonveneta da parte della Bpl poi Bpi di Giampiero Fiorani dove tra gli imputati ci sono l'ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, il senatore del Pdl Luigi Grillo e gli ex vertici di Unipol Gianni Consorte e Ivano Sacchetti, accusati di aggiotaggio. Lo hanno deciso i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Milano rigettando le eccezioni di competenza territoriale formulate dalle difese a vantaggio delle autorità giudiziarie di Lodi o di Bologna. La magistratura milanese non demorde, anche dopo la clamorosa decisione della Cassazione che recentemente aveva trasferito a Bologna, destinandolo di fatto alla prescrizione, il processo a Consorte e Sacchetti, già condannati nel capoluogo lombardo a 6 mesi di reclusione convertiti in ammenda per insider trading.

E proprio a quella sentenza della Suprema Corte fanno implicito riferimento i giudici a pagina 2 della loro ordinanza quando scrivono: "Sono note a questo Tribunale opinioni anche autorevoli di segno contrario". Per il collegio della seconda sezione penale presieduto da Gabriella Manfrin "si deve ritenere realizzata la condotta manipolativa del mercato quando i comportamenti descritti siano stati recepiti dal mercato stesso e quindi quando per il loro carattere intrinsecamente diffusivo siano stati resi disponibili e pubblici attraverso gli strumenti che la legislazione prevede per le negoziazioni finanziarie".

"Diversamente infatti non potrebbero neppure essere idonee a provocare quel pericolo concreto di turbamento del corso dei prezzi che si assume come effetto tipico della condotta penalmente rilevante" è il ragionamento dei giudici secondo i quali "l'ordine ricevuto dall'intermediario per poter giungere a destinazione deve venire poi comunicato attraverso il sistema telematico gestito all'epoca (2005 n.d.r.) dalla Borsa con sede in Milano per potersi materialmente incrociare con un'offerta di segno contrario e realizzare così quella transazione che viene contestualmente comunicata agli operatori e al pubblico diventando da quel momento idonea a costituire una notizia 'price sensitive'".

In parole povere "la mera manifestazione di volontà di voler acquistare attraverso un ordine non può ancora essere considerata un acquisto ma al più un atto preliminare propedeutico ad esso". Il collegio inoltre spiega come la sua decisione "è lungi da apparire come 'irragionevole' in quanto determinerebbe l'accentramento in un'unica sede giudiziaria del contenzioso relativo alle materie che riguardano determinate transazioni finanziarie connesse all'unica sede della Borsa". La scelta invece "sembra rispondere piuttosto ad un criterio di razionalità dettato dall'esigenza di individuare il giudice competente in base a criteri predeterminati secondo il principio costituzionale che ispira il nostro ordinamento processuale". I giudici hanno rigettato anche le eccezioni sulla nullità dell'incidente probatorio relativo agli interrogatori di Fiorani e altri indagati davanti al gip e su quella del decreto che dispone il giudizio per indeterminatezza del capo di imputazione. Il processo è proseguito con l'illustrazione dei temi di prova da parte dei pm Eugenio Fusco e Gaetano Ruta. I difensori diranno la loro alla prossima udienza del 25 marzo.